In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Commento al Vangelo
Prima o poi dobbiamo diventare adulti, anche nella fede. Siamo stati accompagnati, custoditi, formati, ma poi arriva il momento in cui dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. La tentazione, anche oggi, è quella di non diventare mai grandi. Anche la prima comunità cristiana si trova a vivere un passaggio verso la maturazione: Gesù, con la sua presenza fisica in mezzo a loro, li ha aiutati a crescere: hanno percorso la strada insieme al maestro, hanno fatto esperienza della potenza della sua parola. Adesso inizia un tempo nuovo, nel quale dovranno imparare a vivere la relazione con Gesù in un modo diverso. (…) I discepoli hanno bisogno del dono dello Spirito, anche perché mostrano di essere ancora ampiamente condizionati dalle loro visioni umane: davanti alle parole di Gesù, continuano a chiedere se quello è finalmente il tempo in cui il Signore ricostruirà il Regno d’Israele! (cf At 1,6). Fanno ancora fatica ad aprirsi alla visione universale dello Spirito. Questo passaggio che siamo chiamati a compiere nella nostra vita per mezzo dello Spirito che Gesù ci ha donato vuole farci entrare in un modo nuovo di vivere l’esistenza. Spesso infatti viviamo la vita come ripiegamento, come lamento e delusione. Se invece guardiamo al modo in cui Luca costruisce questo passaggio della prima comunità, ci accorgiamo che siamo invitati a vivere la nostra vita come una grande liturgia. (…) L’annuncio che apre questa liturgia è invece il ricordo di essere amati da Dio: non sempre è facile sentire questo amore, talvolta ci sentiamo abbandonati e soli. Proprio per questo è necessario ritornare continuamente ad ascoltare queste parole. (…) Di cosa siamo testimoni? Ma soprattutto in che modo potremo testimoniare? La Chiesa nasce plurale. È una comunità che testimonia. E siamo chiamati a farlo prima di tutto e fondamentalmente attraverso le relazioni che viviamo tra noi. Non possiamo testimoniare un Dio che è comunione se tra noi imperversa la divisione, non possiamo testimoniare un Dio che è perdono se tra noi ha gioco facile il rancore e l’intolleranza, non possiamo testimoniare la piccolezza di Dio se tra noi ci divoriamo per conquistare briciole di potere. (G. Piccolo).