Aprite occhi e orecchie. Soprattutto aprite cervello e cuore. E poi, soltanto poi, parlate. Commentate. Criticate. Elogiate. Annunciate. In quindici parole, Comunicazione e missione può essere riassunto così, non senza temerarietà. In realtà, 203 paragrafi distribuiti in otto capitoli non si potrebbero racchiudere neanche in centocinquanta parole. Ma il senso del Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa è quello. La cultura – in senso antropologico, lo stesso assunto dalla tradizione recente della Chiesa a partire dalla costituzione conciliare Gaudium et spes, nel senso di insieme di «modelli di pensiero e stili di vita» – e la comunicazione non sono cosa ‘altra’ rispetto all’annuncio del Vangelo; al contrario, l’evangelizzazione non può farne a meno. In altre parole – le quindici parole – la passione per Gesù Cristo è passione per gli uomini, tutti; ossia per ciò che gli uomini, vicinissimi e lontanissimi, pensano, dicono e fanno. Ai cristiani ciò interessa, se sono davvero cristiani, ossia uomini che cercano di uniformarsi a Cristo, pensando agendo parlando come farebbe lui. E i mass media, oggi, sono il principale strumento che plasma e rilancia modelli di pensiero e stili di vita. Il Direttorio – nel senso di ‘strumento che indirizza’, la Rivoluzione francese non c’entra – spiega tutto ciò ricorrendo alla teologia, alla sociologia e alla massmediologia. Nei suoi 203 paragrafi si riconoscono facilmente competenze diverse, com’è logico per un’opera complessa. A modo suo è un documento fondativo. Fonda, anche se in gran parte delle diocesi già esistevano, gli Uffici per le comunicazioni sociali; definisce i compiti dell’Ufficio nazionale; traccia il profilo di una nuova figura pastorale, quella degli animatori della cultura e della comunicazione. È un testo ambizioso, ad esempio quando spiega quale sia l’obiettivo del piano pastorale ‘integrato’ per le comunicazioni sociali: «Il cambiamento di mentalità di tutti i membri della comunità» (101). Cultura e comunicazione, infatti, permeano tutti gli ambiti della pastorale e non possono finire in qualche recinto, o angolo, o ‘apposito settore’. Forse proprio questo è l’ultimo, estremo, più arduo obiettivo di un Direttorio che non chiede soltanto «cose da fare», ma un cambiamento di mentalità… La mentalità non si cambia in pochi minuti, neanche in pochi anni. Per questo il Direttorio è una sorta di «laboratorio», un cantiere tuttora aperto. Un testo che andrebbe ritoccato e aggiornato di continuo, perché profondamente inserito nel tempo, nella storia e nel mondo: che cambiano…………..
Nuovi media e nuovo umanesimo. Chiesa e comunicazione Il cantiere è sempre aperto
20 Maggio 2017 | 0 commenti