Commento al Vangelo di Luca (5, 1-11)

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Ci sono momenti della vita in cui ci sentiamo persi. Sono i momenti in cui sperimentiamo il fallimento, quando non riusciamo a vivere quello che ci sta a cuore. Sono le situazioni in cui la nostra immagine rischia di andare in frantumi, perché non risponde più al progetto, all’ideale, a quel modello che avevamo in mente. Vorremmo solo nasconderci, scomparire, riavvolgere il nastro. E invece la vita ci chiede di stare lì, abbiamo bisogno di tornare in quel fallimento per imparare a rileggerlo. Forse per questo Dio ci raggiunge spesso proprio in quello spazio che ci sembra inutile, in quel fotogramma che vorremmo buttare via, in quell’esperienza che avremmo tanta voglia di archiviare una volta per sempre. Dio vuole insegnarci che noi siamo molto di più del nostro errore. E proprio là dove ci sentiamo persi, possiamo scoprire che valiamo molto di più di quello che pensiamo. Vale la pena lasciarsi raggiungere da Dio. Questa è anche l’esperienza di Simone, che si lascia incontrare una mattina mentre sta sistemando le reti, rimuginando forse sul suo fallimento: ha pescato tutta la notte senza prendere niente. (…) Quel poco sembra insignificante, nulla di eclatante, ma è quanto basta per permettere a Dio di entrare nel luogo in cui Simone ha sperimentato il fallimento. (G. Piccolo)

 





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